Nell’open-day tenuto lo scorso fine settimana presso lo stabilimento abruzzese di
L’area è stata trasformata con muri di pallet e bottiglie impilate, creando un percorso fra i magazzini e gli spazi aperti, dove i dipendenti e i loro familiari hanno trascorso la giornata fra visite e divertimento.
Passato il cancello gonfiabile con il logo
Sotto una tettoia sono state imbandite lunghe tavolate a scacchi bianche e rosse per gustare specialità locali, ma prima di pranzare insieme, dipendenti e familiari hanno partecipato a un momento in cui azienda e istituzioni locali hanno celebrato il ruolo dei lavoratori nel costruire il successo di questo impianto, capace di sfornare 13 tipi di bevande al ritmo di 30mila bottiglie all’ora e considerato un fiore all’occhiello d’innovazione e sostenibilità.

“La vera ricchezza di questo stabilimento sono le persone che ci lavorano”, ha ricordato Vitaliy Novikov, General Manager di
“La riconoscenza del territorio non viene solo dal numero di posti di lavoro garantiti da questa realtà produttiva” – gli ha fatto eco il presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso – “Ma passa anche dalla qualità di questi impieghi e dalla sostenibilità del progetto da un punto di vista energetico e ambientale”.
Prima e dopo la conferenza, i partecipanti hanno potuto visitare una mostra, sviluppata in collaborazione con COREPLA, sull’evoluzione dell’impianto e delle bottiglie in PET che vi sono prodotte, oltre che curiosare fra chioschi di oggetti brandizzati
“Si fa per passione”, dice Marta, venuta da Ascoli insieme al fidanzato per esporre uno dei banchetti più forniti. “E nel nostro caso anche per amore, visto che ci sposiamo il 14 luglio e abbiamo costruito la nostra storia sull’interesse condiviso per il collezionismo”.
Una delle attività più gettonate fra i partecipanti, è stata la visita allo stabilimento. Divisi in gruppi, in tanti hanno aspettato diligentemente il proprio turno con indosso i gilet arancioni di sicurezza per vedere da vicino come funziona l’impianto d’imbottigliamento. Fra loro, c’era anche chi sperava fosse un’occasione per scalfire l’alone di mistero che circonda la ricetta della
“Mi piacciono i robot e l’automazione”, confessa prima di entrare Rita, mamma di una giovane laureata in ingegneria chimica che lavora qui da un paio di mesi. “Ma sarei curiosa di sapere qualcosa sulla ricetta.”
Dentro è difficile non rimanere affascinati da velocità e precisione di meccanismi robotizzati e macchinari futuristici. Davanti a un enorme polipo d’acciaio con 100 beccucci e altrettante valvole, capace di riempire fino a 30mila bottiglie l’ora, ci vuole il commento ironico del figlio di uno dei dipendenti per riportare tutti alla realtà.
“Vorrei assaggiarla appena fatta”, dice ridendo rivolto a un gruppo di coetanei.
Giunti davanti alla nuova sala sciroppi, vero e proprio cuore della fabbrica c’è un momento di silenzio. Per ragioni di sicurezza non è consentito entrare e Rita scruta a distanza gli alti fusti di acciaio che dominano la sala. È un po’ delusa dal divieto, ma non s’arrende e domanda alla guida che l’accompagna se può almeno rivelarle la forma della ricetta segreta.
“Le garantisco che quando arriva è come se trasportassero un segreto di Stato”, dice Egidio D’Ortenzio, primo operaio assunto dallo stabilimento, che oggi guida la comitiva. “Posso dirle che arriva in due parti separate. Altro non so neanch’io”.
Rita risponde con uno sguardo complice e soddisfatto e mormora: “A furia di domandare, alla fine qualche dettaglio in più l’ho scoperto”.
Ai prossimi trenta!
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